Vorrei che ti portasse a non prendere da me, io sono l'imperfezione.
Ad arrivare a stabilire una meta, e che la raggiungessi.
Vorrei che la felicità lo fosse, una tua meta.
Che ti portasse a cogliere, anche nella grandezza, l'umiltà che altro non è che un’accettazione, ed un riconoscimento, dei propri errori, e dei propri limiti, che tutti abbiamo.
A capire che non ci si dovrebbe arroccare sulle proprie convinzioni, e che queste possono essere riviste, e rivalutate.
Che ti portasse a comprendere quanto, spesso, siamo fortunati rispetto ad altri che lo sono meno, molto meno, anche di fronte ai tormenti, ed a quelli che riteniamo essere lati negativi, della vita.
Vorrei che ti portasse a far tuo il pensiero che sovente i piccoli problemi siamo noi a farli diventare grandi.
Che nel bisogno ti ritorni alla memoria quello che, noi genitori, abbiamo provato ad insegnarti, non sarà molto, ma non è il nulla.
Ad accettare il fatto che i genitori non sono unicamente dei “punitori”, ma coloro che ti amano sopra ogni cosa. Che sbagliano, come sbagli tu.
Ad avere più considerazione e rispetto di te.
Sei giovane, sei bella, intelligente, e ti auguro un grande futuro, ma quello, a parte qualche colpo di culo, ce lo costruiamo noi…
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È facile dire di voler bene, o di amare, il difficile è dimostrarlo.
Io con te, alla fine, credo di non esserci riuscito, evidentemente.
Mi sono chiesto spesso, ultimamente, come già ti scrissi, cosa ha lasciato in Carlotta il nostro "vissuto", cosa le è rimasto?
La risposta che mi verrebbe sarebbe troppo scontata, e dettata dagli ultimi eventi.
Buon anno, Carlotta.
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