Frank, un cane da tartufi. 1994…
<<…imboccammo
quindi il sentiero che porta alla base della parete e, non senza sorpresa, lo
trovammo perfettamente ripulito da rovi, rami e quanto d ‘altro potesse
impedire il cammino.
Era quasi mezzogiorno, il sole sarebbe arrivato solo verso le due del
pomeriggio; che non fosse presto lo sapevamo, ma la temperatura rigida, e
l’orientamento a Nord-Ovest della parete, consigliavano così.
Arrivati all’attacco ci trovammo di fronte ad un’ altra
sorpresa; la Via scelta era stata richiodata con fittoni resinati. I vecchi
chiodi, ormai corrosi dalla salsedine e difficilmente sostituibili data la
tenerezza della Pietra di Finale, non ci avrebbero più intimorito, lasciammo
alla base il materiale superfluo, salvo qualche nuts, non si sa mai, e
partimmo. Le lunghezze scorsero via tranquille tra battute e scherzi, solo la
seconda ci ingaggiò particolarmente, unta, terribilmente unta, lisciata dai
vari passaggi. Arrivammo sull’altipiano che il cielo si stava rannuvolando,
erano circa le diciassette e trenta, in quella stagione il buio arriva presto.
Ci avviammo svelti per vaghe tracce, seguendo i nuovi e
fiammanti bolli blu sugli alberi, verso il sentiero di discesa, sempre
chiacchierando e scherzando e senza troppo badare al cammino.
D’ improvviso ebbi il dubbio che forse quello non era il
sentiero giusto, o che probabilmente non lo era più, qualcosa non andava;
saremmo dovuti scendere e non continuare in piano, fatto ciò presente ai
compagni, Frank saltò su sostenendo che lui era un cane da tartufi, di
seguirlo;…già, un cane da tartufi. Passò circa mezz’ora ed anche il nostro cane da tartufi si rese
conto che semplicemente avevamo saltato il bivio a sinistra; stava veramente
imbrunendo quando arrivammo al bordo di una carrareccia. Fu lì che incontrammo
i due escursionisti che alla domanda, fatidica, -dove siamo?- risposero –continuando
a destra, in discesa, in mezz’ora arriverete a Final Borgo…-, cavolo! Final
Borgo!?
Allora si va a sinistra! Sentenziò il mitico cane da
tartufi, e così facemmo, fu la disfatta definitiva. Il buio, le tenebre ci
avevano ormai colto in grembo, e purtroppo non erano queste le uniche calamità:
c’èra anche Max, il bastian contrario che, insieme al fido “cane da tartufi”,
fece tutto l’inimmaginabile per distruggere ogni regola d’orientamento. Inutili
furono le rimostranze, mie e di Renato. Max era, è, un vero mito, neanche ad un
salmone riesce di andar controcorrente come ne è capace lui. Nel buio più
pesto, seguendo le indicazione sulle rare paline segnavia, umilmente illuminate
dalla debole fiamma di un accendino, arrivammo sulla sommità di Monte Cucco,
erano quasi le nove di sera.
Provammo persino a cercare le calate delle Vie
sottostanti; eravamo alla frutta, ma ecco alla nostra sinistra le luci della
speranza: quelle del paesino di Orco e quelle dell’ autostrada. Il sentiero
seguito fin lì non ne volle però sapere di portarci a loro, prese ad andare a
destra, nuovamente verso il bosco, dentro l’anima scura dell’altopiano. Fu lì
che il prode cane decise impavido che i tartufi, notoriamente, non si trovano
sulle mulattiere, ma fuori; e giù, per il ripido pendio alla nostra sinistra, e
CRAC, un albero cedette, Frank non era un peso piuma.
Dopo vari rami spezzati, alberi sradicati e bestemmie,
giungemmo ad una strada sterrata, ed ecco il dilemma, dilemma che in realtà si
pose solo il bastian contrario; a destra o a sinistra?
Guardando da Monte Cucco le luci, quelle della speranza
per intenderci, erano a sinistra; noi andammo a destra, seguendo il sentiero,
quindi decidemmo di spostarci giù a sinistra; e dove scelse il bastian di
dirigersi? A destra ovviamente. Rabbioso, lui, per la nostra opposta opinione,
decretò che comunque sarebbe andato per di là. Lo salutammo tutti con la manina
alzata: credo che ancora oggi rammenti il proprio, tremendo, incontenibile
travaso di bile.
Pochi minuti in salita ed infine l’abitato di Orco ci si
parò davanti. Alle ventidue e trenta finalmente arrivammo alle macchine,
stanchi ed affamati. Renato tornò con una pila a recuperare il materiale
rimasto all’attacco.
Sì, anche a Pianarella sì può perdersi; associazione di
idee? Sentiero pulito, Via richiodata, bolli sugli alberi, e l’attenzione
dovuta va, meramente, a farsi benedire.
Frank smise di fare il cercatore di tuberi, Max non ha mai
desistito, tu digli nero e lui ti risponde bianco, Renato per parecchio tempo
ha declinato i nostri inviti, ed io persi una fidanzata che mi attendeva a
cena, dai genitori, qualche ora prima; sostenne che un vero alpinista, quale io
peraltro non sono, non può perdersi, non lì, o perlomeno dovrebbe andare in
giro con bussola altimetro e quant’altro.>>
Era il Febbraio del ’94. La Via in questione era l’
I.N.P.S.
M. Bernini©
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