mercoledì 20 novembre 2013


Frank, un cane da tartufi. 1994…

<<…imboccammo quindi il sentiero che porta alla base della parete e, non senza sorpresa, lo trovammo perfettamente ripulito da rovi, rami e quanto d ‘altro potesse impedire il cammino.
Era quasi mezzogiorno, il sole sarebbe arrivato solo verso le due del pomeriggio; che non fosse presto lo sapevamo, ma la temperatura rigida, e l’orientamento a Nord-Ovest della parete, consigliavano così.
Arrivati all’attacco ci trovammo di fronte ad un’ altra sorpresa; la Via scelta era stata richiodata con fittoni resinati. I vecchi chiodi, ormai corrosi dalla salsedine e difficilmente sostituibili data la tenerezza della Pietra di Finale, non ci avrebbero più intimorito, lasciammo alla base il materiale superfluo, salvo qualche nuts, non si sa mai, e partimmo. Le lunghezze scorsero via tranquille tra battute e scherzi, solo la seconda ci ingaggiò particolarmente, unta, terribilmente unta, lisciata dai vari passaggi. Arrivammo sull’altipiano che il cielo si stava rannuvolando, erano circa le diciassette e trenta, in quella stagione il buio arriva presto.
Ci avviammo svelti per vaghe tracce, seguendo i nuovi e fiammanti bolli blu sugli alberi, verso il sentiero di discesa, sempre chiacchierando e scherzando e senza troppo badare al cammino.
D’ improvviso ebbi il dubbio che forse quello non era il sentiero giusto, o che probabilmente non lo era più, qualcosa non andava; saremmo dovuti scendere e non continuare in piano, fatto ciò presente ai compagni, Frank saltò su sostenendo che lui era un cane da tartufi, di seguirlo;…già, un cane da tartufi. Passò circa mezz’ora  ed anche il nostro cane da tartufi si rese conto che semplicemente avevamo saltato il bivio a sinistra; stava veramente imbrunendo quando arrivammo al bordo di una carrareccia. Fu lì che incontrammo i due escursionisti che alla domanda, fatidica, -dove siamo?- risposero –continuando a destra, in discesa, in mezz’ora arriverete a Final Borgo…-, cavolo! Final Borgo!?
Allora si va a sinistra! Sentenziò il mitico cane da tartufi, e così facemmo, fu la disfatta definitiva. Il buio, le tenebre ci avevano ormai colto in grembo, e purtroppo non erano queste le uniche calamità: c’èra anche Max, il bastian contrario che, insieme al fido “cane da tartufi”, fece tutto l’inimmaginabile per distruggere ogni regola d’orientamento. Inutili furono le rimostranze, mie e di Renato. Max era, è, un vero mito, neanche ad un salmone riesce di andar controcorrente come ne è capace lui. Nel buio più pesto, seguendo le indicazione sulle rare paline segnavia, umilmente illuminate dalla debole fiamma di un accendino, arrivammo sulla sommità di Monte Cucco, erano quasi le nove di sera.
Provammo persino a cercare le calate delle Vie sottostanti; eravamo alla frutta, ma ecco alla nostra sinistra le luci della speranza: quelle del paesino di Orco e quelle dell’ autostrada. Il sentiero seguito fin lì non ne volle però sapere di portarci a loro, prese ad andare a destra, nuovamente verso il bosco, dentro l’anima scura dell’altopiano. Fu lì che il prode cane decise impavido che i tartufi, notoriamente, non si trovano sulle mulattiere, ma fuori; e giù, per il ripido pendio alla nostra sinistra, e CRAC, un albero cedette, Frank non era un peso piuma.
Dopo vari rami spezzati, alberi sradicati e bestemmie, giungemmo ad una strada sterrata, ed ecco il dilemma, dilemma che in realtà si pose solo il bastian contrario; a destra o a sinistra?
Guardando da Monte Cucco le luci, quelle della speranza per intenderci, erano a sinistra; noi andammo a destra, seguendo il sentiero, quindi decidemmo di spostarci giù a sinistra; e dove scelse il bastian di dirigersi? A destra ovviamente. Rabbioso, lui, per la nostra opposta opinione, decretò che comunque sarebbe andato per di là. Lo salutammo tutti con la manina alzata: credo che ancora oggi rammenti il proprio, tremendo, incontenibile travaso di bile.
Pochi minuti in salita ed infine l’abitato di Orco ci si parò davanti. Alle ventidue e trenta finalmente arrivammo alle macchine, stanchi ed affamati. Renato tornò con una pila a recuperare il materiale rimasto all’attacco.
Sì, anche a Pianarella sì può perdersi; associazione di idee? Sentiero pulito, Via richiodata, bolli sugli alberi, e l’attenzione dovuta va, meramente, a farsi benedire.
Frank smise di fare il cercatore di tuberi, Max non ha mai desistito, tu digli nero e lui ti risponde bianco, Renato per parecchio tempo ha declinato i nostri inviti, ed io persi una fidanzata che mi attendeva a cena, dai genitori, qualche ora prima; sostenne che un vero alpinista, quale io peraltro non sono, non può perdersi, non lì, o perlomeno dovrebbe andare in giro con bussola altimetro e quant’altro.>>

Era il Febbraio del ’94. La Via in questione era l’ I.N.P.S.


M. Bernini©



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